I miracoli di Gesù

(060)

Gesù guarisce un caprone, incenerisce un idolo e fa nascere un bambino (220.4 - 220.5)

"Andiamo. Non urlate più, non bruciate resine. Lo comando."
Vanno, entrando nel paese, e per una via che è la migliore vanno ad una casa messa al centro di un frutteto. Urla e pianti escono dalle porte spalancate, e su tutto, lugubre, il lamento atroce della donna che non può dare alla luce il figlio.
Corrono ad avvertire Fara che viene avanti terreo, scarmigliato, affiancato da donne piangenti e da inutili santoni brucianti incensi e foglie sulle padelle di rame. "Salvami la donna!" "Salva mia figlia!" "Salvala, salvala!" urlano a vicenda l'uomo, una vecchia e la folla.
"La salverò, e con essa il tuo maschio, perchè maschio è, e floridissimo, con due dolci occhi colore dell'uliva che matura e la testa ricoperta di capelli neri come questo vello." (Gesù si era fatto dare un caprone, ferito e pronto per essere sacrificato).
"Come lo sai? Che vedi? Anche nelle viscere?"
"In tutto Io vedo e penetro. Tutto conosco e posso. Sono Dio."
Avesse mandato un fulmine avrebbe fatto meno effetto. Tutti si gettano al suolo come morti.
"Alzatevi. Udite. Io sono il Dio potente e non sopporto altri dèi avanti a Me. Accendete un fuoco, e gettatevi quella statua." La folla si ribella. Comincia a dubitare del "dio" misterioso che ordina l'arsione della dea. I più accesi sono i sacerdoti.
Ma Fara e la madre della sposa, ai quali preme la vita della donna, si oppongono alla folla ostile, e poichè Fara è il grande del paese la folla frena i suoi sdegni. L'uomo però interroga: "Come posso credere che Tu sei un dio? Dammene un segno e io comanderò sia fatto ciò che Tu vuoi."
"Guarda. Vedi le ferite di questo caprone? Sono aperte, vero? Sanguinanti, vero? La bestia è quasi morente, vero? Ebbene, Io voglio che ciò non sia... Ecco. Guarda."
L'uomo si curva e guarda... e urla: "E' senza ferite!" e si getta al suolo pregando: "La mia donna, la mia donna!"
Ma il sacerdote della processione dice: "Temi, Fara! Non conosciamo chi è costui! Temi la vendetta degli dèi."
L'uomo è preso da due paure: gli dèi, la donna... Chiede: "Chi sei?"
"Io sono Colui che sono, in Cielo, in terra. Ogni forza mi è soggetta, ogni pensiero noto. Gli abitanti dei Cieli mi adorano, gli abitanti dell'Inferno mi temono. E coloro che credono in Me vedranno compiersi ogni prodigio."
"Io credo! Io credo... Il tuo Nome!"
"Gesù Cristo, l'Incarnato Signore. Quell'idolo alle fiamme! Non sopporto dèi al mio cospetto. Quei turiboli spenti. Non vi è che il mio Fuoco che possa e voglia. Ubbidite, o Io vi incenerirò l'idolo vano, e me ne andrò senza salvare."
E' terribile Gesù nel suo abito di lino, dalle spalle del quale pende il mantello azzurro che fa strascico dietro a Lui, il braccio levato in atto di comando, il volto folgorante. Ne hanno paura, nessuno parla più... Nel silenzio, l'urlo sempre più sfinito e straziante della sofferente. Ma stentano ad ubbidire. Il volto di Gesù si fa sempre più insostenibile a guardarsi. E' veramente un fuoco che brucia materie ed animi. E le padelle di rame sono le prime a subirne il volere. Chi le tiene deve gettare perchè non resiste più al loro ardore. Eppure i carboni appaiono spenti... Poi sono i portatori dell'idolo che devono mettere al suolo la portantina che sorreggevano, per le stanghe, sulle spalle, perchè i legni si carbonizzano come se una misteriosa fiamma li lambisse, e appena al suolo la barella dell'idolo va in fuoco.
La gente fugge terrorizzata...
Gesù si volge a Fara: "Puoi dunque credere realmente nel mio potere?"
"Credo, credo. Tu sei Dio. Sei il Dio Gesù."
"No, Io sono il Verbo del Padre, di Jeovè di Israele, venuto in Carne, Sangue, Anima e Divinità a redimere il mondo e a dargli la fede nel Dio Vero, Uno, Trino che è nei Cieli Altissimi. Vengo a dare aiuto e misericordia agli uomini perchè lascino l'Errore e vengano alla Verità che è l'Unico Dio di Mosè e dei Profeti. Puoi credere ancora?"
"Credo, Credo!"
"Io sono venuto a portare Via, Verità, Vita agli uomini, ad abbattere gli idoli, a insegnare la sapienza. Per Me il mondo avrà redenzione perchè Io morrò per amore del mondo e per la salvezza eterna degli uomini. Puoi credere ancora?"
"Credo, credo!"
"Io sono venuto per dire agli uomini che essi, se credono nel Dio Vero, avranno la vita eterna nel Cielo, presso l'Altissimo che è il Creatore di ogni uomo, animale, pianta e pianeta. Puoi credere ancora?"
"Credo, credo!"
Gesù non entra neppure nella casa. Solo tende le braccia verso la stanza della sofferente, a mani distese, come nella risurrezione di Lazzaro e grida: "Esci alla luce per conoscere la luce Divina e per ordine della Luce che è Dio!"
Un comando tonante al quale, dopo un momento, fa eco un grido di trionfo che ha nel suo suono del gemito e della gioia, e poi un flebile piangere di neonato, flebile eppure ben distinto e che sempre più cresce come per forza che aumenta.
"Tuo figlio piange salutando la terra. Va' da lui e digli, ora e poi, che non è la terra la patria, ma lo è il Cielo. Crescilo, e tu cresci con lui, per il Cielo. Questa è la Verità che ti parla. Quelle (e indica le padelle di rame accartocciate come foglie secche, inutili ad ogni uso, giacenti al suolo, e la cenere che segna il posto della barella dell'idolo) sono la Menzogna che non aiuta a non salva. Addio."
E fa per andarsene. Ma una donna accorre con un vispo neonato avvolto in un lino e grida: "E' maschio, Fara. Bello, robusto, dagli occhi morati come uliva che matura e i ricciolini più neri di quelli di un capretto sacro. E la donna riposa beata. Non soffre più, come nulla fosse stato. Una cosa improvvisa, quando già era morente... e dopo quelle parole..."